Che relazione sussiste tra la fantascienza e gli esperimenti mentali usati in filosofia? Un aspetto interessante di molti libri e film di fantascienza è che essi sono spesso in grado di proporci, in modo assai vivido e chiaro, degli scenari immaginari in cui è possibile mettere alla prova le nostre intuizioni pre-teoriche rispetto a fondamentali questioni filosofiche, che possono così essere “testate” nel laboratorio della mente. Possiamo trovarci di fronte, in effetti, a interrogativi di questo tipo: Potrei essere sistematicamente ingannato rispetto a ciò che credo di sapere? Esiste il libero arbitrio? Siamo geneticamente determinati? Qual è il giusto criterio per l’identità personale? Qual è la natura del tempo? Che cosa rende umani gli esseri umani? Che differenze ci sono tra esseri umani ed esseri artificiali? Che cosa significa avere una mente? Non è dunque un caso che molti studiosi considerino la fantascienza come uno straordinario laboratorio dove poter “testare” alcune delle più importanti ipotesi e teorie filosofiche. In questo articolo mi concentrerò esclusivamente sul problema di che cosa significhi essere umani o avere una mente, alla luce di alcuni dei più famosi film di fantascienza degli ultimi anni – The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy di Garth Jennings (2005), 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick (1968), The Terminator di James Cameron (1984), I, Robot di Alex Proyas (2004) e Blade Runner di Ridley Scott (1982). Lo scopo è quello di difendere l’immagine di una mente naturalizzata nei termini di una concezione “incarnata” e “situata”, nonché di tracciare alcune conseguenze relativamente ai rapporti tra umano e artificiale.

Ma i filosofi sognano pecore elettriche? Esperimenti mentali tra filosofia e fantascienza

AMORETTI, MARIA CRISTINA
2013-01-01

Abstract

Che relazione sussiste tra la fantascienza e gli esperimenti mentali usati in filosofia? Un aspetto interessante di molti libri e film di fantascienza è che essi sono spesso in grado di proporci, in modo assai vivido e chiaro, degli scenari immaginari in cui è possibile mettere alla prova le nostre intuizioni pre-teoriche rispetto a fondamentali questioni filosofiche, che possono così essere “testate” nel laboratorio della mente. Possiamo trovarci di fronte, in effetti, a interrogativi di questo tipo: Potrei essere sistematicamente ingannato rispetto a ciò che credo di sapere? Esiste il libero arbitrio? Siamo geneticamente determinati? Qual è il giusto criterio per l’identità personale? Qual è la natura del tempo? Che cosa rende umani gli esseri umani? Che differenze ci sono tra esseri umani ed esseri artificiali? Che cosa significa avere una mente? Non è dunque un caso che molti studiosi considerino la fantascienza come uno straordinario laboratorio dove poter “testare” alcune delle più importanti ipotesi e teorie filosofiche. In questo articolo mi concentrerò esclusivamente sul problema di che cosa significhi essere umani o avere una mente, alla luce di alcuni dei più famosi film di fantascienza degli ultimi anni – The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy di Garth Jennings (2005), 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick (1968), The Terminator di James Cameron (1984), I, Robot di Alex Proyas (2004) e Blade Runner di Ridley Scott (1982). Lo scopo è quello di difendere l’immagine di una mente naturalizzata nei termini di una concezione “incarnata” e “situata”, nonché di tracciare alcune conseguenze relativamente ai rapporti tra umano e artificiale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/633830
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