Negli ultimi decenni la giurisprudenza italiana ha realizzato una vera e propria trasformazione del concetto di danno alla persona, che da una visione meramente patrimonialistica ancorata alla capacità di produrre reddito si è esteso a considerare l’individuo nella sua essenza personalistica, con la nascita di nuove fattispecie di danno volte a tutelare l’integrità della persona in sé e per sé considerata. In particolare, partendo da una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che il danno non patrimoniale, pur costituendo una categoria unitaria, possa essere distinto in tre pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale. Recentemente la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente, chiarendo che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate e specificando che, ove siano dedotte degenerazioni patologiche si rientra nell'area del danno biologico del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Tale evoluzione ha comportato una crescente attenzione anche per la sfera psichica del danneggiato e del possibile ruolo rivestito dai traumi fisici e psichici nella genesi e nella evoluzione di un’ampia gamma di disturbi mentali. Non senza fatica la Medicina Legale ha dovuto così prendere atto che la valutazione del danno deve essere sempre più ancorata alle qualità psichiche del leso e che esistono danni biologici di natura unicamente psichica che devono essere distinti dai pregiudizi morali od esistenziali. Proprio partendo dall’analisi in chiave medico legale dei più recenti approdi giurisprudenziali, si evidenzia come il vero nodo da sciogliere non è quello di stabilire se un’alterazione dell’integrità fisico-psichica sia o meno riconducibile ad una determinata casella di patologia-normalità, bensì quello di raccogliere e analizzare più informazioni possibili circa le alterazioni negative dell’evento dannoso, illustrandone la gravità e la compatibilità con le lesioni riportate. Il rigore metodologico proprio della Medicina Legale, a fronte della portata omnicomprensiva del danno alla persona, dovrà cercare di offrire un ausilio tecnico in grado di permettere al Giudice una valutazione obiettiva, evitando sperequazioni o duplicazioni delle poste risarcitorie.

Il danno biologico di natura psichica: panoramica concettuale ed evoluzione giurisprudenziale

DE STEFANO, FRANCESCO;ROCCA, GABRIELE
2012-01-01

Abstract

Negli ultimi decenni la giurisprudenza italiana ha realizzato una vera e propria trasformazione del concetto di danno alla persona, che da una visione meramente patrimonialistica ancorata alla capacità di produrre reddito si è esteso a considerare l’individuo nella sua essenza personalistica, con la nascita di nuove fattispecie di danno volte a tutelare l’integrità della persona in sé e per sé considerata. In particolare, partendo da una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che il danno non patrimoniale, pur costituendo una categoria unitaria, possa essere distinto in tre pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale. Recentemente la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente, chiarendo che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate e specificando che, ove siano dedotte degenerazioni patologiche si rientra nell'area del danno biologico del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Tale evoluzione ha comportato una crescente attenzione anche per la sfera psichica del danneggiato e del possibile ruolo rivestito dai traumi fisici e psichici nella genesi e nella evoluzione di un’ampia gamma di disturbi mentali. Non senza fatica la Medicina Legale ha dovuto così prendere atto che la valutazione del danno deve essere sempre più ancorata alle qualità psichiche del leso e che esistono danni biologici di natura unicamente psichica che devono essere distinti dai pregiudizi morali od esistenziali. Proprio partendo dall’analisi in chiave medico legale dei più recenti approdi giurisprudenziali, si evidenzia come il vero nodo da sciogliere non è quello di stabilire se un’alterazione dell’integrità fisico-psichica sia o meno riconducibile ad una determinata casella di patologia-normalità, bensì quello di raccogliere e analizzare più informazioni possibili circa le alterazioni negative dell’evento dannoso, illustrandone la gravità e la compatibilità con le lesioni riportate. Il rigore metodologico proprio della Medicina Legale, a fronte della portata omnicomprensiva del danno alla persona, dovrà cercare di offrire un ausilio tecnico in grado di permettere al Giudice una valutazione obiettiva, evitando sperequazioni o duplicazioni delle poste risarcitorie.
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