Una delle principali preoccupazioni che anima Il bene, il male e la scienza—l’opera di Evandro Agazzi che rappresenta il risultato più maturo e sistematicamente elaborato di una lunga riflessione sulle implicazioni etiche della scienza e della tecnologia—è l’esigenza di una fondazione razionale dell’etica. La bioetica, nella visione di Agazzi, potrebbe definirsi come una disciplina che si elabora sotto l'egida della ragione, ma di una ragione eminentemente pratica, volta alla decisione e all'azione ragionevole. Una bioetica intesa come <proposta ragionevole di principi e norme> che, per certi aspetti ricorda quella filosofia del ragionevole elaborata da Chaim Perelman, nel suo richiamarsi «a una ragione definita come riflesso o illuminazione di una ragione divina, invariabile e perfetta, bensì a una situazione prettamente umana, la presunta adesione di tutti coloro che, rispetto alle questioni dibattute, vengono considerati interlocutori validi». Ne emerge l'idea di una razionalità aperta, che non è data una volta per tutte, in via definitiva, ma che si costituisce attraverso il confronto con tutti gli interlocutori possibili, in un dialogo senza fine. Il ruolo del filosofo non è tanto quello di enunciare principi generali, più o meno vaghi nella loro astratta formulazione, quanto di interpretarli e riadattarli nelle situazioni concrete che via via si presentano, in una realtà in continua evoluzione qual è quella dei progressi biomedici. Spesso si tratterà di far vivere i principi in contesti per i quali non sono stati creati, comprendendo a fondo "ciò che è in gioco" in ogni situazione. In questo potrebbe consistere quell’ "arte" del giudizio pratico in bioetica che richiede una umana capacità di riconoscere le lievi ma significative caratteristiche che segnano i singoli casi.

La bioetica nella riflessione filosofica di Evandro Agazzi

BATTAGLIA, LUISA
2007-01-01

Abstract

Una delle principali preoccupazioni che anima Il bene, il male e la scienza—l’opera di Evandro Agazzi che rappresenta il risultato più maturo e sistematicamente elaborato di una lunga riflessione sulle implicazioni etiche della scienza e della tecnologia—è l’esigenza di una fondazione razionale dell’etica. La bioetica, nella visione di Agazzi, potrebbe definirsi come una disciplina che si elabora sotto l'egida della ragione, ma di una ragione eminentemente pratica, volta alla decisione e all'azione ragionevole. Una bioetica intesa come che, per certi aspetti ricorda quella filosofia del ragionevole elaborata da Chaim Perelman, nel suo richiamarsi «a una ragione definita come riflesso o illuminazione di una ragione divina, invariabile e perfetta, bensì a una situazione prettamente umana, la presunta adesione di tutti coloro che, rispetto alle questioni dibattute, vengono considerati interlocutori validi». Ne emerge l'idea di una razionalità aperta, che non è data una volta per tutte, in via definitiva, ma che si costituisce attraverso il confronto con tutti gli interlocutori possibili, in un dialogo senza fine. Il ruolo del filosofo non è tanto quello di enunciare principi generali, più o meno vaghi nella loro astratta formulazione, quanto di interpretarli e riadattarli nelle situazioni concrete che via via si presentano, in una realtà in continua evoluzione qual è quella dei progressi biomedici. Spesso si tratterà di far vivere i principi in contesti per i quali non sono stati creati, comprendendo a fondo "ciò che è in gioco" in ogni situazione. In questo potrebbe consistere quell’ "arte" del giudizio pratico in bioetica che richiede una umana capacità di riconoscere le lievi ma significative caratteristiche che segnano i singoli casi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/300519
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