Lo scritto assume come punto di partenza il problema relativo alla configurazione della pretesa risarcitoria, avanzata dall’amministrato nei confronti della pubblica amministrazione sia quando tale pretesa consegua alla lesione di un diritto, conoscibile dal giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva, sia quando la pretesa stessa presuma l’avvenuta lesione di un interesse legittimo. La questione concerne innanzitutto la possibilità di configurare, secondo opposte visuali, la pretesa al risarcimento, in entrambe le ipotesi suddette, o come diritto soggettivo autonomo, oppure come “modalità ulteriore” finalizzata alla tutela della situazione di partenza, lesa dalla p.a. Poiché la normazione positiva permette di sottoporre ad arbitrato rituale di diritto le controversie, fra amministrato e p.a., solo se hanno ad oggetto diritti soggettivi, ne deriva che una pretesa risarcitoria è conoscibile da arbitri, in base alla prima tesi, sia qualora consegua a lesione di diritto soggettivo, sia qualora consegua a lesione di interesse legittimo, atteso che sempre di “diritto” al risarcimento si tratta. Per contro, ad avviso della seconda tesi, la deducibilità in arbitrato si verifica soltanto se la pretesa al risarcimento è collegata all’avvenuta, precedente, violazione di un diritto soggettivo: chi pretende la condanna della p.a. a risarcire un interesse legittimo leso farebbe valere pur sempre un interesse legittimo e la relativa lite non sarebbe arbitrabile. La tesi riferita per seconda discende indirettamente dalla sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, che nega alla pretesa risarcitoria, conseguente a lesione di interesse legittimo, il carattere di diritto soggettivo. L’autore critica la visuale che configura il diritto al risarcimento come pretesa non autonoma: egli ritiene che tale pretesa sia sempre configurabile come diritto soggettivo, sia quando segua a lesione di un diritto, sia quando segua a lesione di interesse legittimo. La tesi sarebbe confortata dalla normazione positiva che configura, in ogni caso, la pretesa risarcitoria verso la p.a. come uno fra gli “altri diritti patrimoniali”. Sono altresì riportati alcuni esempi miranti a dimostrare che, anche nella giurisdizione civile, la pretesa risarcitoria si atteggia come diritto soggettivo autonomo rispetto alla situazione soggettiva di base violata. Conclusione dell’autore, pertanto, è quella secondo cui anche la domanda di risarcimento per patita lesione, ad opera della p.a., di un interesse legittimo, si connota come diritto soggettivo, azionabile in giurisdizione esclusiva, o, alternativamente, sottoponibile ad arbitrato.

Il risarcimento del danno mediante arbitrato alternativo alla giurisdizione amministrativa

MIGNONE, CLAUDIO
2006-01-01

Abstract

Lo scritto assume come punto di partenza il problema relativo alla configurazione della pretesa risarcitoria, avanzata dall’amministrato nei confronti della pubblica amministrazione sia quando tale pretesa consegua alla lesione di un diritto, conoscibile dal giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva, sia quando la pretesa stessa presuma l’avvenuta lesione di un interesse legittimo. La questione concerne innanzitutto la possibilità di configurare, secondo opposte visuali, la pretesa al risarcimento, in entrambe le ipotesi suddette, o come diritto soggettivo autonomo, oppure come “modalità ulteriore” finalizzata alla tutela della situazione di partenza, lesa dalla p.a. Poiché la normazione positiva permette di sottoporre ad arbitrato rituale di diritto le controversie, fra amministrato e p.a., solo se hanno ad oggetto diritti soggettivi, ne deriva che una pretesa risarcitoria è conoscibile da arbitri, in base alla prima tesi, sia qualora consegua a lesione di diritto soggettivo, sia qualora consegua a lesione di interesse legittimo, atteso che sempre di “diritto” al risarcimento si tratta. Per contro, ad avviso della seconda tesi, la deducibilità in arbitrato si verifica soltanto se la pretesa al risarcimento è collegata all’avvenuta, precedente, violazione di un diritto soggettivo: chi pretende la condanna della p.a. a risarcire un interesse legittimo leso farebbe valere pur sempre un interesse legittimo e la relativa lite non sarebbe arbitrabile. La tesi riferita per seconda discende indirettamente dalla sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, che nega alla pretesa risarcitoria, conseguente a lesione di interesse legittimo, il carattere di diritto soggettivo. L’autore critica la visuale che configura il diritto al risarcimento come pretesa non autonoma: egli ritiene che tale pretesa sia sempre configurabile come diritto soggettivo, sia quando segua a lesione di un diritto, sia quando segua a lesione di interesse legittimo. La tesi sarebbe confortata dalla normazione positiva che configura, in ogni caso, la pretesa risarcitoria verso la p.a. come uno fra gli “altri diritti patrimoniali”. Sono altresì riportati alcuni esempi miranti a dimostrare che, anche nella giurisdizione civile, la pretesa risarcitoria si atteggia come diritto soggettivo autonomo rispetto alla situazione soggettiva di base violata. Conclusione dell’autore, pertanto, è quella secondo cui anche la domanda di risarcimento per patita lesione, ad opera della p.a., di un interesse legittimo, si connota come diritto soggettivo, azionabile in giurisdizione esclusiva, o, alternativamente, sottoponibile ad arbitrato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/282839
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