Il libro investiga il rapporto fra religione e diritti in tre classici (Durkheim, Jellinek, Weber) della riflessione sul mutamento giuridico suscitato dalla modernità. La relazione più intensa, sostenuta dalla fiducia nella ragione della storia, è quella istituita da Durkheim: la religione dei diritti come religione dell’umanità, culto destinato a soppiantare le religioni tradizionali. Durkheim condivide d’altra parte con Jellinek e Weber la convinzione secondo cui il cristianesimo sarebbe stato decisivo nell’alimentare le correnti dell’individualismo morale che hanno generato i diritti. Non tutto il cristianesimo, invece, per gli autori tedeschi, ma solo quello riformato, ed in particolare il calvinismo. Al contempo vi è in Jellinek e in Weber una valorizzazione diversa del legame tra mondo giuridico e mondo religioso: è la liberta di coscienza il primo diritto dell’uomo. Ed è un primato storico in accordo con il tipo di situazioni che, nella modernità, hanno portato l’individuo al confronto col potere dello Stato. Il processo non può che essere partito da qui, dalla libertà più importante, quella che riguarda «il complesso dell’agire condizionato eticamente». Allo stesso tempo Weber, coerentemente con la sua lettura “paradossale” dei legami tra etica riformata e mondo moderno, contesta la fiducia nei significati di liberazione normalmente attribuiti ai diritti. L’individualismo di ispirazione religiosa è convertito nella costruzione giuridica di un individuo-cittadino, slegato dai vincoli di appartenenza e di status del mondo feudale, nuova figura di dominato dipendente da apparati e regole senza volto, dalle potenti burocrazie che controllano lo Stato, le associazioni politiche, la vita economica. In appendice al libro è una lettura in chiave storico-giuridica di Billy Budd di Herman Melville.

La religione dei diritti. Durkheim – Jellinek – Weber

MARRA, REALINO
2006-01-01

Abstract

Il libro investiga il rapporto fra religione e diritti in tre classici (Durkheim, Jellinek, Weber) della riflessione sul mutamento giuridico suscitato dalla modernità. La relazione più intensa, sostenuta dalla fiducia nella ragione della storia, è quella istituita da Durkheim: la religione dei diritti come religione dell’umanità, culto destinato a soppiantare le religioni tradizionali. Durkheim condivide d’altra parte con Jellinek e Weber la convinzione secondo cui il cristianesimo sarebbe stato decisivo nell’alimentare le correnti dell’individualismo morale che hanno generato i diritti. Non tutto il cristianesimo, invece, per gli autori tedeschi, ma solo quello riformato, ed in particolare il calvinismo. Al contempo vi è in Jellinek e in Weber una valorizzazione diversa del legame tra mondo giuridico e mondo religioso: è la liberta di coscienza il primo diritto dell’uomo. Ed è un primato storico in accordo con il tipo di situazioni che, nella modernità, hanno portato l’individuo al confronto col potere dello Stato. Il processo non può che essere partito da qui, dalla libertà più importante, quella che riguarda «il complesso dell’agire condizionato eticamente». Allo stesso tempo Weber, coerentemente con la sua lettura “paradossale” dei legami tra etica riformata e mondo moderno, contesta la fiducia nei significati di liberazione normalmente attribuiti ai diritti. L’individualismo di ispirazione religiosa è convertito nella costruzione giuridica di un individuo-cittadino, slegato dai vincoli di appartenenza e di status del mondo feudale, nuova figura di dominato dipendente da apparati e regole senza volto, dalle potenti burocrazie che controllano lo Stato, le associazioni politiche, la vita economica. In appendice al libro è una lettura in chiave storico-giuridica di Billy Budd di Herman Melville.
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