Questo libro azzarda un viaggio nella condizione, scolastica e non, dei figli dell’immigrazione in Italia e in Europa. Viaggio azzardato sin dalla definizione: minori stranieri, alunni immigrati, giovani di origine immigrata, studenti di gruppi etnici minoritari, seconde generazioni, quale che sia la denominazione utilizzata no risulterà difficile provarne il carattere riduttivo e spesso fuorviante. Riduttivo, perché riduce una biografia ad un’origine, fuorviante perché rimuove le modalità dei soggetti di definirsi liberamente, giocando fra molti appigli identitari e simbolici in uno spazio fluido e reversibile. Eppure proprio il gioco delle definizioni, così intriso del potere di chi esercita la potestà di classificare, diviene di per sé stesso rivelatore di come le istituzioni pensano i figli dell’immigrazione e il loro ruolo nelle società riceventi. Anche se spesso poi, gli stessi soggetti e definiti e classificati dall’alto, rivelano la capacità di trasformare gli stigma in emblemi, dimostrando di essere attori e non solo vittime passive o presenze invisibili. Viaggio azzardato perché in Italia le voci di autonomia che i mondi giovanili dei migranti esprimono sono ancora timide; siamo piuttosto noi a raccontarli, spesso riducendo le loro presenze a problemi. Voci flebili che possono però essere registrate: nella socialità, a volte etnicizzata a volte ibrida, che si genera dentro le aule scolastiche, nelle metamorfosi dei linguaggi della strada, nelle ibridazioni dei corpi e nelle comunità immaginate, negli stili e nelle estetiche, nella reinvenzione dello spazio pubblico e della cittadinanza, nel rifiuto dell’integrazione subalterna dei padri. In queste voci si radica appunto il tentativo di circa mezzo milione di giovani sotto i diciotto anni di affermare la legittimità della propria esistenza in Italia, trasformando la doppia assenza in doppia presenza, l’invisibilità dei padri nella visibilità dei figli.

Prove di seconde generazioni. I giovani di origine immigrata fra scuole e spazi urbani

QUEIROLO PALMAS, LUCA GIUSEPPE
2006-01-01

Abstract

Questo libro azzarda un viaggio nella condizione, scolastica e non, dei figli dell’immigrazione in Italia e in Europa. Viaggio azzardato sin dalla definizione: minori stranieri, alunni immigrati, giovani di origine immigrata, studenti di gruppi etnici minoritari, seconde generazioni, quale che sia la denominazione utilizzata no risulterà difficile provarne il carattere riduttivo e spesso fuorviante. Riduttivo, perché riduce una biografia ad un’origine, fuorviante perché rimuove le modalità dei soggetti di definirsi liberamente, giocando fra molti appigli identitari e simbolici in uno spazio fluido e reversibile. Eppure proprio il gioco delle definizioni, così intriso del potere di chi esercita la potestà di classificare, diviene di per sé stesso rivelatore di come le istituzioni pensano i figli dell’immigrazione e il loro ruolo nelle società riceventi. Anche se spesso poi, gli stessi soggetti e definiti e classificati dall’alto, rivelano la capacità di trasformare gli stigma in emblemi, dimostrando di essere attori e non solo vittime passive o presenze invisibili. Viaggio azzardato perché in Italia le voci di autonomia che i mondi giovanili dei migranti esprimono sono ancora timide; siamo piuttosto noi a raccontarli, spesso riducendo le loro presenze a problemi. Voci flebili che possono però essere registrate: nella socialità, a volte etnicizzata a volte ibrida, che si genera dentro le aule scolastiche, nelle metamorfosi dei linguaggi della strada, nelle ibridazioni dei corpi e nelle comunità immaginate, negli stili e nelle estetiche, nella reinvenzione dello spazio pubblico e della cittadinanza, nel rifiuto dell’integrazione subalterna dei padri. In queste voci si radica appunto il tentativo di circa mezzo milione di giovani sotto i diciotto anni di affermare la legittimità della propria esistenza in Italia, trasformando la doppia assenza in doppia presenza, l’invisibilità dei padri nella visibilità dei figli.
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