Il saggio si offre come un commento all’ultima poesia scritta da Giovanni Giudici, "Io e te che sorridiamo dalla foto di Dondero", revisionata nel 2003, e inclusa nel volume postumo "Da una soglia infinita". Indaga il tema del ritratto e dell'autoritratto in versi e in prosa proposto dall’autore in molte parti della sua opera, spesso guardando a Saba, e si sofferma sul tema degli oggetti (anch’esso presente lungo tutta l’opera del poeta). Il filtro generale del componimento è però quello del «vulnerabile cervello» che accompagna le visioni della senilità di Giudici: una fragilità della logica che però lascia spazio alle volitanti presenze umbratili della parola e delle figure care alla sua vita, che si traducono in un linguaggio impalpabile, pre-logico, e pertanto vero, della Dama della Poesia.
Ritratti, oggetti e vite evanescenti. (Commento a “Io e te che sorridiamo dalla foto di Dondero” di Giovanni Giudici)
MORANDO, SIMONA
2009-01-01
Abstract
Il saggio si offre come un commento all’ultima poesia scritta da Giovanni Giudici, "Io e te che sorridiamo dalla foto di Dondero", revisionata nel 2003, e inclusa nel volume postumo "Da una soglia infinita". Indaga il tema del ritratto e dell'autoritratto in versi e in prosa proposto dall’autore in molte parti della sua opera, spesso guardando a Saba, e si sofferma sul tema degli oggetti (anch’esso presente lungo tutta l’opera del poeta). Il filtro generale del componimento è però quello del «vulnerabile cervello» che accompagna le visioni della senilità di Giudici: una fragilità della logica che però lascia spazio alle volitanti presenze umbratili della parola e delle figure care alla sua vita, che si traducono in un linguaggio impalpabile, pre-logico, e pertanto vero, della Dama della Poesia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.