Il testo affronta l’opera di Louis Kahn partendo dal presupposto che si tratta di una delle figure più difficilmente inquadrabili nelle consuete categorie della storia e della critica. La sua inattualità lascia una eredità senza tempo e una visione del mondo ancora aperta a infinite interpretazioni. Accanto a una personalità scostante e una teoria ostica, rimangono opere grandiose, espressione di una personale coerenza al mestiere lontana dalle convenzioni stilistiche d’accademia o d’avanguardia. Negli anni cinquanta, davanti a un mondo allineato alle contorte immagini di una macchina industriale oramai vetusta, Louis Kahn ha proposto la suggestione delle grandi rovine e la visione di un mondo semplice, ordinato da poche figure elementari. Il lavoro di Kahn ha segnato una via etica al destino dell’architettura, tanto nelle nazioni sviluppate, quanto alla periferia dell’impero. Ha saputo indicare la dimensione civile del costruire, opposta alla volgare retorica imposta dalle leggi del mercato. Ha ricordato che grandi architetture monumentali possono essere anche costruite con le più semplici tecniche e con i più poveri materiali. Le sue meravigliose rovine assumono oggi una dimensione profetica davanti a emergenze come il contenimento dello spreco di risorse e la durevolezza dei materiali. Queste maestose architetture, in grado di assicurare un’eredità concreta alle generazioni a venire, sono in grado esprimere allo stesso tempo la cultura millenaria di un popolo povero e la solidità di una ricca società compiuta.

Buoni edifici, meravigliose rovine

BRAGHIERI, NICOLA FABRIZIO
2005-01-01

Abstract

Il testo affronta l’opera di Louis Kahn partendo dal presupposto che si tratta di una delle figure più difficilmente inquadrabili nelle consuete categorie della storia e della critica. La sua inattualità lascia una eredità senza tempo e una visione del mondo ancora aperta a infinite interpretazioni. Accanto a una personalità scostante e una teoria ostica, rimangono opere grandiose, espressione di una personale coerenza al mestiere lontana dalle convenzioni stilistiche d’accademia o d’avanguardia. Negli anni cinquanta, davanti a un mondo allineato alle contorte immagini di una macchina industriale oramai vetusta, Louis Kahn ha proposto la suggestione delle grandi rovine e la visione di un mondo semplice, ordinato da poche figure elementari. Il lavoro di Kahn ha segnato una via etica al destino dell’architettura, tanto nelle nazioni sviluppate, quanto alla periferia dell’impero. Ha saputo indicare la dimensione civile del costruire, opposta alla volgare retorica imposta dalle leggi del mercato. Ha ricordato che grandi architetture monumentali possono essere anche costruite con le più semplici tecniche e con i più poveri materiali. Le sue meravigliose rovine assumono oggi una dimensione profetica davanti a emergenze come il contenimento dello spreco di risorse e la durevolezza dei materiali. Queste maestose architetture, in grado di assicurare un’eredità concreta alle generazioni a venire, sono in grado esprimere allo stesso tempo la cultura millenaria di un popolo povero e la solidità di una ricca società compiuta.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/226842
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