Recensioni a dieci mostre di Arles L’edizione di questa estate dei Rencontres si è aperta in una Arles singolare: atmosfera post-pandemica, clima stranamente fresco e piovoso, pubblico di oltreoceano quasi completamente assente (nel 2018 per il cinquantenario sono stati 140mila gli spettatori), panorama urbanistico in completa trasformazione e un sindaco nuovo dopo diciannove anni del comunista Hervé Schiavetti. Solo una settimana prima dell’inaugurazione, dopo anni di polemiche, è stata aperta la torre della Luma Foundation, coperta di specchi e che si ispira nelle forme alla notte stellata di van Gogh, come sostiene l’architetto Frank Gehry.
Tra i cambiamenti, anche il direttore del festival: Christophe Wiesner è l’ex direttore artistico di Paris Photo e profondo conoscitore del mercato dell’arte. Le sue linee programmatiche sono un festival aperto sul femminismo, la storia post-coloniale, l’ecologia, ma per ora sono apparsi evidenti soprattutto gli elementi di continuità rispetto alla precedente direzione di Sam Stourdzé. Alla presentazione della “sua” edizione, Wiesner riprende anche il tema scelto da Stourdzé per l’edizione 2020, la resistenza della fotografia, che – come ha affermato dall’ex direttore – “si alza, si oppone, denuncia [… ] re-incanta”.
Per presentare il festival, Wiesner usa la metafora delle lucciole che Georges Didi-Huberman ha tratto da un testo geniale di Pier Paolo Pasolini, La scomparsa delle lucciole, in cui si evidenzia la tensione tra le potenti luci del potere che minacciano i superstiti barlumi dei contro-poteri. Pasolini, in polemica con Franco Fortini, faceva una breve ma illuminante analisi del periodo storico tra la fine del fascismo e gli Anni Settanta, usando come sintomo e metafora le lucciole, scomparse dalle campagne a causa dell’inquinamento già nei primi Anni Sessanta. L’obiettivo è “riconoscere nella minima lucciola una resistenza, una luce per ogni pensiero“.
La fotografia continua a emettere segnali luminosi e ad aprire spazi a nuove modalità di resistenza. Nel cuore dell’estate di Arles, come afferma Wiesner, Georges Didi-Huberman sarà come una costellazione, fatta di mille luci che illustreranno la diversità dei punti di vista, la polifonia delle storie che simboleggiano la sopravvivenza attraverso l’immagine della speranza e della consapevolezza. In effetti, l’edizione 2021 resiste malgrado i tempi difficili con oltre venti mostre (rispetto alle cinquanta dell’edizione del cinquantenario), metà delle quali facevano parte della programmazione 2020.

Rencontres d’Arles 2021. Guida alla visita

Elisabetta Villari
2021-01-01

Abstract

Recensioni a dieci mostre di Arles L’edizione di questa estate dei Rencontres si è aperta in una Arles singolare: atmosfera post-pandemica, clima stranamente fresco e piovoso, pubblico di oltreoceano quasi completamente assente (nel 2018 per il cinquantenario sono stati 140mila gli spettatori), panorama urbanistico in completa trasformazione e un sindaco nuovo dopo diciannove anni del comunista Hervé Schiavetti. Solo una settimana prima dell’inaugurazione, dopo anni di polemiche, è stata aperta la torre della Luma Foundation, coperta di specchi e che si ispira nelle forme alla notte stellata di van Gogh, come sostiene l’architetto Frank Gehry.
Tra i cambiamenti, anche il direttore del festival: Christophe Wiesner è l’ex direttore artistico di Paris Photo e profondo conoscitore del mercato dell’arte. Le sue linee programmatiche sono un festival aperto sul femminismo, la storia post-coloniale, l’ecologia, ma per ora sono apparsi evidenti soprattutto gli elementi di continuità rispetto alla precedente direzione di Sam Stourdzé. Alla presentazione della “sua” edizione, Wiesner riprende anche il tema scelto da Stourdzé per l’edizione 2020, la resistenza della fotografia, che – come ha affermato dall’ex direttore – “si alza, si oppone, denuncia [… ] re-incanta”.
Per presentare il festival, Wiesner usa la metafora delle lucciole che Georges Didi-Huberman ha tratto da un testo geniale di Pier Paolo Pasolini, La scomparsa delle lucciole, in cui si evidenzia la tensione tra le potenti luci del potere che minacciano i superstiti barlumi dei contro-poteri. Pasolini, in polemica con Franco Fortini, faceva una breve ma illuminante analisi del periodo storico tra la fine del fascismo e gli Anni Settanta, usando come sintomo e metafora le lucciole, scomparse dalle campagne a causa dell’inquinamento già nei primi Anni Sessanta. L’obiettivo è “riconoscere nella minima lucciola una resistenza, una luce per ogni pensiero“.
La fotografia continua a emettere segnali luminosi e ad aprire spazi a nuove modalità di resistenza. Nel cuore dell’estate di Arles, come afferma Wiesner, Georges Didi-Huberman sarà come una costellazione, fatta di mille luci che illustreranno la diversità dei punti di vista, la polifonia delle storie che simboleggiano la sopravvivenza attraverso l’immagine della speranza e della consapevolezza. In effetti, l’edizione 2021 resiste malgrado i tempi difficili con oltre venti mostre (rispetto alle cinquanta dell’edizione del cinquantenario), metà delle quali facevano parte della programmazione 2020.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1073963
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