La recente l’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, 18 settembre 2020, n. 19598 ha costituito occasione e spunto per una disamina del tema da sempre dibattuto dell’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti con ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. L’articolo esamina la disciplina di tale rimedio prima e dopo la Costituzione Repubblicana, soffermandosi sul Concordato giurisprudenziale del 1929, concluso tra il Presidente della Suprema Corte di Cassazione (Mariano D’Amelio) e il Presidente della V Sezione del Consiglio di Stato (Santi Romano) e sull’interpretazione dell’art. 111, ultimo comma, Cost., essenzialmente in ordine alla portata da ascrivere al termine “giurisdizione”. Particolare attenzione è riservata alla sentenza delle Sezioni Unite del 27 luglio 1999, n. 500 ed alla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204 (Vaccarella), momenti fondamentali per la determinazione della giurisdizione e dei suoi limiti. Lo studio ha poi esaminato la giurisprudenza della Corte di Cassazione sui “limiti interni” (non sindacabili) e sui “limiti esterni” (sindacabili) della giurisdizione, riconducibile a due orientamenti: da un lato, l’estensione del proprio sindacato al modo di esercizio della giurisdizione da parte dei giudici speciali (sentenza n. 30254 del 2008), motivata da molteplici fattori non più trascurabili tra i quali rendere effettiva la primauté del diritto comunitario sul diritto interno e assicurare il giusto processo e l’effettività della tutela giurisdizionale; dall’altro, il self-restraint in proposito, soprattutto a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, con la sentenza 18 gennaio 2018, n. 6. L’ordinanza n. 19598 del 2020 ha riaperto la questione alla luce del diritto europeo e della primauté dello stesso sul diritto interno. La questione è fondamentalmente la seguente: se il mancato esercizio di tutti i poteri conferiti dalla legge al Giudice Amministrativo riguarda la lesione di una situazione giuridica soggettiva a rilevanza meramente interna, la soluzione potrebbe rimanere quella tradizionale della semplice violazione di un limite interno della giurisdizione; ma se essa concerne la violazione di un diritto soggettivo direttamente protetto dall’ordinamento eurounitario, si può ragionevolmente sostenere che, per la sua tutela, il Giudice Amministrativo debba esercitare tutti i suoi poteri, incorrendo altrimenti nella violazione di un limite esterno di giurisdizione. Con tale ultima pronuncia, le Sezioni Unite hanno sostanzialmente individuato nel ricorso per Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione lo strumento attraverso cui scongiurare il consolidamento e l’applicabilità di norme interne violative del diritto eurounitario.

I motivi inerenti alla giurisdizione e il diritto europeo

granara daniele
2021-01-01

Abstract

La recente l’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, 18 settembre 2020, n. 19598 ha costituito occasione e spunto per una disamina del tema da sempre dibattuto dell’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti con ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. L’articolo esamina la disciplina di tale rimedio prima e dopo la Costituzione Repubblicana, soffermandosi sul Concordato giurisprudenziale del 1929, concluso tra il Presidente della Suprema Corte di Cassazione (Mariano D’Amelio) e il Presidente della V Sezione del Consiglio di Stato (Santi Romano) e sull’interpretazione dell’art. 111, ultimo comma, Cost., essenzialmente in ordine alla portata da ascrivere al termine “giurisdizione”. Particolare attenzione è riservata alla sentenza delle Sezioni Unite del 27 luglio 1999, n. 500 ed alla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204 (Vaccarella), momenti fondamentali per la determinazione della giurisdizione e dei suoi limiti. Lo studio ha poi esaminato la giurisprudenza della Corte di Cassazione sui “limiti interni” (non sindacabili) e sui “limiti esterni” (sindacabili) della giurisdizione, riconducibile a due orientamenti: da un lato, l’estensione del proprio sindacato al modo di esercizio della giurisdizione da parte dei giudici speciali (sentenza n. 30254 del 2008), motivata da molteplici fattori non più trascurabili tra i quali rendere effettiva la primauté del diritto comunitario sul diritto interno e assicurare il giusto processo e l’effettività della tutela giurisdizionale; dall’altro, il self-restraint in proposito, soprattutto a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, con la sentenza 18 gennaio 2018, n. 6. L’ordinanza n. 19598 del 2020 ha riaperto la questione alla luce del diritto europeo e della primauté dello stesso sul diritto interno. La questione è fondamentalmente la seguente: se il mancato esercizio di tutti i poteri conferiti dalla legge al Giudice Amministrativo riguarda la lesione di una situazione giuridica soggettiva a rilevanza meramente interna, la soluzione potrebbe rimanere quella tradizionale della semplice violazione di un limite interno della giurisdizione; ma se essa concerne la violazione di un diritto soggettivo direttamente protetto dall’ordinamento eurounitario, si può ragionevolmente sostenere che, per la sua tutela, il Giudice Amministrativo debba esercitare tutti i suoi poteri, incorrendo altrimenti nella violazione di un limite esterno di giurisdizione. Con tale ultima pronuncia, le Sezioni Unite hanno sostanzialmente individuato nel ricorso per Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione lo strumento attraverso cui scongiurare il consolidamento e l’applicabilità di norme interne violative del diritto eurounitario.
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