In Tre saggi sull'immagine, Jean-Luc Nancy gives an interpretation of violence that is not limited to point out its materially destructive potentiality, but that considers its ethical and esthetical implications: according to the French philosopher, violence consists in an attempt on the victim's representative capability. As a consequence of a violent act, indeed, the victim becomes incapable of imagining themself beyond their oppressing status. After analyzing some photographs of James Nachtwey, useful to describe a victimary approach to violence, the dissertation takes into account artists who try to re-activate, in as much as possible co-authorial way, a representation's dispositive and an imagination's mechanism: the expression "make room" resumes this tendency to construct a space for the violence's victims and, at the same time, to let them imagine and reach a new subjectivity. The Ph.d thesis analyzes different ways to "make room": Teresa Margolles tests the autonomy of materials extrapolated from the corpses; some counter-monumental artists (Jochen and Esther Shalev Gerz, Horst Hoheisel, Peter Eisenman) solicit the spectators' imaginative power in public works devoted to Shoah; Regina José Galindo bases her performance on partial incorporation of previously collected testimonials; Milo Rau, in his movies and theatre plays, develops a subjectification's dispositive that let the victims build an identity beyond their condition. These artists' works don't contest the violence on the level of the activism, of the complaint, or the pity, but on an esthetic one, trying to re-generate that power suppressed by the violence itself.

In Tre saggi sull’immagine, Jean-Luc Nancy delinea un’interpretazione della violenza che non si limita a rilevare le sue potenzialità materialmente distruttive, ma ne considera le implicazioni a livello etico ed estetico: secondo il filosofo francese la violenza consiste in un attentato alla capacità rappresentativa della vittima. A seguito dell’atto violento, infatti, quest’ultima diviene incapace di immaginarsi al di là del suo opprimente status di vittima. Dopo aver analizzato l’opera di James Nachtwey, utile a descrivere un approccio vittimario alla violenza, la tesi prosegue prendendo in considerazione artisti che cercano di riattivare un dispositivo di rappresentazione e un meccanismo di immaginazione il più possibile co-autoriali: l’espressione “fare spazio” riassume questa tendenza a costruire uno spazio per le vittime di una violenza e, contemporaneamente, lasciare loro spazio per immaginare e per raggiungere una nuova soggettività. La tesi analizza diverse manifestazioni del “fare spazio”: Teresa Margolles investiga l’autonomia della materia estrapolata dai cadaveri, alcuni artisti contro-monumentali (Jochen e Ester Gerz, Horst Hoheisel e Peter Eisenman) sollecitano la facoltà immaginativa dei loro spettatori in opere pubbliche dedicate alla Shoah, Regina José Galindo basa le proprie performance sulla parziale incorporazione di testimonianze precedentemente raccolte, Milo Rau, nei suoi spettacoli e film, sviluppa un dispositivo di soggettivazione che permetta alle vittime di costruirsi un’identità che vada al di là della propria condizione. Nei lavori di questi artisti la violenza non è contestata sul piano dell’attivismo, della denuncia o della pietà, ma su un piano estetico, che mira a riattivare quella potenza che essa ha soppresso.

Fare spazio: una strategia di rappresentazione della violenza

VALENTINI, MATTEO
2021-10-22

Abstract

In Tre saggi sull'immagine, Jean-Luc Nancy gives an interpretation of violence that is not limited to point out its materially destructive potentiality, but that considers its ethical and esthetical implications: according to the French philosopher, violence consists in an attempt on the victim's representative capability. As a consequence of a violent act, indeed, the victim becomes incapable of imagining themself beyond their oppressing status. After analyzing some photographs of James Nachtwey, useful to describe a victimary approach to violence, the dissertation takes into account artists who try to re-activate, in as much as possible co-authorial way, a representation's dispositive and an imagination's mechanism: the expression "make room" resumes this tendency to construct a space for the violence's victims and, at the same time, to let them imagine and reach a new subjectivity. The Ph.d thesis analyzes different ways to "make room": Teresa Margolles tests the autonomy of materials extrapolated from the corpses; some counter-monumental artists (Jochen and Esther Shalev Gerz, Horst Hoheisel, Peter Eisenman) solicit the spectators' imaginative power in public works devoted to Shoah; Regina José Galindo bases her performance on partial incorporation of previously collected testimonials; Milo Rau, in his movies and theatre plays, develops a subjectification's dispositive that let the victims build an identity beyond their condition. These artists' works don't contest the violence on the level of the activism, of the complaint, or the pity, but on an esthetic one, trying to re-generate that power suppressed by the violence itself.
22-ott-2021
In Tre saggi sull’immagine, Jean-Luc Nancy delinea un’interpretazione della violenza che non si limita a rilevare le sue potenzialità materialmente distruttive, ma ne considera le implicazioni a livello etico ed estetico: secondo il filosofo francese la violenza consiste in un attentato alla capacità rappresentativa della vittima. A seguito dell’atto violento, infatti, quest’ultima diviene incapace di immaginarsi al di là del suo opprimente status di vittima. Dopo aver analizzato l’opera di James Nachtwey, utile a descrivere un approccio vittimario alla violenza, la tesi prosegue prendendo in considerazione artisti che cercano di riattivare un dispositivo di rappresentazione e un meccanismo di immaginazione il più possibile co-autoriali: l’espressione “fare spazio” riassume questa tendenza a costruire uno spazio per le vittime di una violenza e, contemporaneamente, lasciare loro spazio per immaginare e per raggiungere una nuova soggettività. La tesi analizza diverse manifestazioni del “fare spazio”: Teresa Margolles investiga l’autonomia della materia estrapolata dai cadaveri, alcuni artisti contro-monumentali (Jochen e Ester Gerz, Horst Hoheisel e Peter Eisenman) sollecitano la facoltà immaginativa dei loro spettatori in opere pubbliche dedicate alla Shoah, Regina José Galindo basa le proprie performance sulla parziale incorporazione di testimonianze precedentemente raccolte, Milo Rau, nei suoi spettacoli e film, sviluppa un dispositivo di soggettivazione che permetta alle vittime di costruirsi un’identità che vada al di là della propria condizione. Nei lavori di questi artisti la violenza non è contestata sul piano dell’attivismo, della denuncia o della pietà, ma su un piano estetico, che mira a riattivare quella potenza che essa ha soppresso.
Violenza; Rappresentazione; Vittima; Co-autorialità; Estetica; Studi Visuali; Memoria; Arte performativa; Scultura minimalista; Cinema; Teatro; Fotogiornalismo; Contromonumento
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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1056407
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