La nosologia psichiatrica fornita dal Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi Mentali (DSM) concepisce i disturbi mentali in modo ateorico, descrittivo e operazionale, identificandoli con un insieme di segni e di sintomi, rappresentati dai vari criteri diagnostici. Nonostante la nosologia del DSM sia tuttora lo standard a livello psichiatrico, i progressi delle varie scienze, in particolare della neuroscienza e della biologia molecolare, hanno evidenziato l’opportunità di caratterizzare i disturbi mentali non più come sindromi, bensì come disturbi cerebrali, vale a dire disfunzioni o processi anormali del cervello. Un programma di ricerca che va in questa seconda direzione è l’iniziativa Research Domain Criteria (RDoC), lanciata nel 2009 dal National Institute of Mental Health (NIMH) con lo scopo di favorire la ricerca psichiatrica, apparentemente ostacolata dalle categorie descrittive del DSM. Una ricerca che si basi su tali categorie, infatti, si trova a fronteggiare diversi problemi, legati per esempio al fatto che due individui possono essere diagnosticati con lo stesso disturbo pur avendo sintomatologie diverse (eterogeneità), che pazienti diagnosticati con un disturbo mentale tendono anche a soddisfare i criteri diagnostici di altri disturbi (co-morbilità), o che si possono dare solamente verdetti diagnostici del tipo sì/no, sulla base del conteggio dei sintomi, oscurando la gradualità con cui le psicopatologie possono presentarsi (categoricità vs. dimensionalità) e negando a molti pazienti una vera e propria diagnosi. Come molti critici hanno evidenziato, uno dei maggiori temi rispetto a cui RDoC è stato criticato – e anche mal interpretato – è il suo (presunto) carattere riduzionistico. Il presente contributo si articola dunque come segue. Nella Sezione 1 illustrerò brevemente l’iniziativa RDoC, mettendola poi in relazione con il riduzionismo ontologico (Sezione 2) e quello epistemologico (Sezione 3). L’intento è quello di operare un lavoro di analisi e chiarificazione concettuale che, come ha sottolineato Pagnini, può essere fondamentale per aiutare a compiere “scelte e pronunciamenti che siano il più possibile responsabili”, nello specifico rispetto a RDoC.

Disturbi mentali e riduzionismi

Amoretti, M. C.
2021-01-01

Abstract

La nosologia psichiatrica fornita dal Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi Mentali (DSM) concepisce i disturbi mentali in modo ateorico, descrittivo e operazionale, identificandoli con un insieme di segni e di sintomi, rappresentati dai vari criteri diagnostici. Nonostante la nosologia del DSM sia tuttora lo standard a livello psichiatrico, i progressi delle varie scienze, in particolare della neuroscienza e della biologia molecolare, hanno evidenziato l’opportunità di caratterizzare i disturbi mentali non più come sindromi, bensì come disturbi cerebrali, vale a dire disfunzioni o processi anormali del cervello. Un programma di ricerca che va in questa seconda direzione è l’iniziativa Research Domain Criteria (RDoC), lanciata nel 2009 dal National Institute of Mental Health (NIMH) con lo scopo di favorire la ricerca psichiatrica, apparentemente ostacolata dalle categorie descrittive del DSM. Una ricerca che si basi su tali categorie, infatti, si trova a fronteggiare diversi problemi, legati per esempio al fatto che due individui possono essere diagnosticati con lo stesso disturbo pur avendo sintomatologie diverse (eterogeneità), che pazienti diagnosticati con un disturbo mentale tendono anche a soddisfare i criteri diagnostici di altri disturbi (co-morbilità), o che si possono dare solamente verdetti diagnostici del tipo sì/no, sulla base del conteggio dei sintomi, oscurando la gradualità con cui le psicopatologie possono presentarsi (categoricità vs. dimensionalità) e negando a molti pazienti una vera e propria diagnosi. Come molti critici hanno evidenziato, uno dei maggiori temi rispetto a cui RDoC è stato criticato – e anche mal interpretato – è il suo (presunto) carattere riduzionistico. Il presente contributo si articola dunque come segue. Nella Sezione 1 illustrerò brevemente l’iniziativa RDoC, mettendola poi in relazione con il riduzionismo ontologico (Sezione 2) e quello epistemologico (Sezione 3). L’intento è quello di operare un lavoro di analisi e chiarificazione concettuale che, come ha sottolineato Pagnini, può essere fondamentale per aiutare a compiere “scelte e pronunciamenti che siano il più possibile responsabili”, nello specifico rispetto a RDoC.
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