L’Italia entrò in guerra nel 1915 con poche decine di aeroplani e di piloti, ma durante il conflitto il crescente sviluppo dell’arma aerea portò alla costruzione di circa 12.000 velivoli e all’addestramento di oltre 7.000 aviatori. La “produzione” in massa di mezzi e di uomini rivela un aspetto importante della modernità bellica, anche perchè le procedure di arruolamento in aviazione rappresentarono uno dei primissimi casi di selezione scientifica del personale. Molti soldati comuni lasciarono le trincee per diventare combattenti dell’aria: contadini, falegnami, operai e meccanici divennero aviatori per scelta o per caso, per passione o, non raramente, per tentare di sfuggire dagli orrori del fronte. Il decollo sociale di questi individui fu in molti casi temporaneo, interrotto alla fine del conflitto a causa della smobilitazione. Gli aviatori, grazie soprattutto alle imprese di personaggi come Francesco Baracca e Gabriele d’Annunzio, furono protagonisti durante il conflitto della nascita di un nuovo mito efficacemente utilizzato dalla propaganda bellica come evocativo strumento di affabulazione collettiva, di cui è rimasta traccia nelle corrispondenze e nelle fotografie conservate nei loro archivi personali, ma anche negli articoli e nelle immagini pubblicate dalla stampa durante la guerra. Un mito, quello del cavaliere alato, destinato a lasciare un segno indelebile nella vita di chi ne aveva fatto parte, a prescindere dalla provenienza sociale, e a diventare un elemento cardine dell’universo simbolico fascista.

L’officina del volo. La Grande Guerra aerea in Italia tra mito e realtà

Fabio Caffarena
2020-01-01

Abstract

L’Italia entrò in guerra nel 1915 con poche decine di aeroplani e di piloti, ma durante il conflitto il crescente sviluppo dell’arma aerea portò alla costruzione di circa 12.000 velivoli e all’addestramento di oltre 7.000 aviatori. La “produzione” in massa di mezzi e di uomini rivela un aspetto importante della modernità bellica, anche perchè le procedure di arruolamento in aviazione rappresentarono uno dei primissimi casi di selezione scientifica del personale. Molti soldati comuni lasciarono le trincee per diventare combattenti dell’aria: contadini, falegnami, operai e meccanici divennero aviatori per scelta o per caso, per passione o, non raramente, per tentare di sfuggire dagli orrori del fronte. Il decollo sociale di questi individui fu in molti casi temporaneo, interrotto alla fine del conflitto a causa della smobilitazione. Gli aviatori, grazie soprattutto alle imprese di personaggi come Francesco Baracca e Gabriele d’Annunzio, furono protagonisti durante il conflitto della nascita di un nuovo mito efficacemente utilizzato dalla propaganda bellica come evocativo strumento di affabulazione collettiva, di cui è rimasta traccia nelle corrispondenze e nelle fotografie conservate nei loro archivi personali, ma anche negli articoli e nelle immagini pubblicate dalla stampa durante la guerra. Un mito, quello del cavaliere alato, destinato a lasciare un segno indelebile nella vita di chi ne aveva fatto parte, a prescindere dalla provenienza sociale, e a diventare un elemento cardine dell’universo simbolico fascista.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Caffarena OFFICINA VOLO (2020).pdf

accesso chiuso

Descrizione: Contributo in volume
Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 4.26 MB
Formato Adobe PDF
4.26 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1018590
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact