This work is based on an evidence: pre trial detention still has a massive frequency. About 33% of the population in jail is restricted on a restraining order issued during preliminary investigation. Nevertheless, the entry into force of the Criminal Procedure Law, between 1987-1988, was related to the abrogation of the investigating judge, to a complete jurisdictionalization of the pre trial detention power and a better precision of “cases and modes” selected by art. 13 Constitution. Theese innovations were aspected to be shelters to a new enforcement of the pre trial detention. Case law, in the first years of the new Criminal Procedure Code, proved how thin some innovative solutions adopted in 1988 with the so-called Vassalli Code. Judge of the preliminary investigations has been the meeting point of the rebirth balance between of all interests involved during investigations: this judge, however, was built fragile, “with no eyes neither arms”. He litterally collapsed under the ruins of the reaction-era, ended up with a inquisitory twisting. Legislative changes -in particular, reforms in 1995 and in 2015, the “fair trial act” enforced in 1999-2001- realized both a “heavy” pre-trial jurisdiction and a “giant” prosecutor, the only dominus of that phase. The growth of the pre-trial jurisdiction was, in 1988, still unpredictable. Not only by that, the barycenter of the procedure is still moving backwards. In this frame, the definition of «strong evidences of guilty» allows us to reinterpret the relationship between the preventive trial and the trial on the merits in the way that the results of the first one may be influenced by the second one (so-called preclusion). In this study, the author analyzes some meeting point of this contamination (dismissal procedure and immediate charging), in which the pre trial detention power has been succesfully exercised by te public prosecutor. This leads on to consider the allowability of a control operated by the judge of the preliminary investigations since the moment the motion for temporary restraining order is submitted, in order not to permit complete discretion to the prosecutor, forced to use its powers according to self-responsability and to abandon a pre trial jurisdiction at “no cost”.

Il presente studio muove da una premessa: l’impiego della custodia cautelare in carcere rimane fenomeno massivo. Al 29.2.2020, circa 1 detenuto su 3 è ristretto in carcere a titolo cautelare. Il dato stupisce, se si volge la mente al biennio 1987-1988 e allo spirito che ha informato i lavori per il nuovo codice di procedura penale: abolizione del giudice istruttore, completa giurisdizionalizzazione del potere cautelare e migliore specificazione dei «casi e modi» di cui all’art. 13 Cost. parevano argini sufficientemente robusti, idoeni a contenere le spinte per un impiego della cautela strumentale ovvero su larga scala. Non poche soluzioni tecniche che, all’indomani del varo del c.d. codice Vassalli, sono state salutate come il più avanzato portato di decenni di riflessioni garantistiche, attuative della Costituzione, alla prova dei fatti hanno tuttavia manifestato un tasso di inadeguatezza imprevisto nel garantire l’obiettivo. Le rassicuranti perfezioni del primo codice repubblicano si rivelarono ben presto più sterili di quanto i primi commenti lasciassero presagire. La figura che, emblematicamente, condensava tanto le speranze riposte dai codificatori, quanto la loro conseguente frustrazione è quella del giudice per le indagini preliminari. Organo nato fragile, senza occhi né braccia, letteralmente caduto – certo, non fu il solo – sotto i colpi di una stagione reazionaria che impresse al sistema una torsione inquisitoria, restituendo agli operatori un modello sfigurato e mal funzionante. I continui, affannosi interventi di ortopedia legislativa hanno cristallizzato lo status quo. Da un lato, l’apparato normativo che presiede all’esercizio del potere cautelare è oltremodo complesso ma farraginoso; dall’altro, il gigantismo della pubblica accusa ha finito per schiacciare il giudice sul cui destino si sarebbe giocata la partita del nuovo codice. Il presente studio si prefigura di analizzare le scelte del codificatore in materia di libertà personale e di seguirne l’evoluzione sino all’attualità. L’ingigantimento delle forme della giurisdizione cautelare che ne è derivato era, nel 1988, del tutto imprevedibile. Esso ha concorso a determinare l’aumento sempre più ragguardevole del “peso” delle indagini preliminari, rispostando all’indietro il baricentro del processo. Verranno dunque approfonditi i rapporti che si instaurano, bon gré mal gré, tra lo sviluppo dell’odierno, complesso procedimento cautelare e quello di merito, al fine di scrutinare se le conclusioni raggiunte in tema di principio di c.d. preclusione siano esportabili a rime invertite: non più, cioè, soltanto dal procedimento di merito a quello cautelare, ma nel senso opposto. Lo studio si snoda dunque attraverso l’analisi di istituti (l’archiviazione c.d. cautelare e il giudizio immediato c.d. custodiale) che maggiormente recano le tracce dell’idea di un condizionamento cautelare sul processo di merito: la giurisdizione cautelare è divenuta così “pesante”, nelle forme e nei contenuti – addirittura da sostituire la pena, nell’immaginario collettivo e talvolta anche nelle applicazioni pratiche – che l’impostazione classica, secondo cui in nome di una pretesa autonomia dei giudizi gli effetti ivi prodotti non sono in grado di riverbersarsi sull’instaurazione del processo di merito, equivale ad attribuire sacche di incontrollata discrezionalità al pubblico ministero, laddove l’art. 112 Cost. non sembra viceversa lasciarvi spazio. In conclusione, l’analisi che segue si propone di coltivare una prospettiva di ricostruzione del potere dell’attore pubblico in chiave di autoresponsabilità, filtrata in un’ottica di azione cautelare non a “costo zero”, funzionale a una riduzione – anzitutto quantitativa – dei casi di ricorso alla massima restrizione della libertà personale ante iudicium. Lo strumento è individuato in un rafforzamento delle prerogative del giudice che, nel 1988, avrebbe più di ogni altro dovuto segnare lo stacco dall’epigono di tradizione inquisitoria.

Giurisdizione cautelare ed esercizio dell'azione penale. Possibili raccordi.

MALERBA, MARCO
2020-05-26

Abstract

This work is based on an evidence: pre trial detention still has a massive frequency. About 33% of the population in jail is restricted on a restraining order issued during preliminary investigation. Nevertheless, the entry into force of the Criminal Procedure Law, between 1987-1988, was related to the abrogation of the investigating judge, to a complete jurisdictionalization of the pre trial detention power and a better precision of “cases and modes” selected by art. 13 Constitution. Theese innovations were aspected to be shelters to a new enforcement of the pre trial detention. Case law, in the first years of the new Criminal Procedure Code, proved how thin some innovative solutions adopted in 1988 with the so-called Vassalli Code. Judge of the preliminary investigations has been the meeting point of the rebirth balance between of all interests involved during investigations: this judge, however, was built fragile, “with no eyes neither arms”. He litterally collapsed under the ruins of the reaction-era, ended up with a inquisitory twisting. Legislative changes -in particular, reforms in 1995 and in 2015, the “fair trial act” enforced in 1999-2001- realized both a “heavy” pre-trial jurisdiction and a “giant” prosecutor, the only dominus of that phase. The growth of the pre-trial jurisdiction was, in 1988, still unpredictable. Not only by that, the barycenter of the procedure is still moving backwards. In this frame, the definition of «strong evidences of guilty» allows us to reinterpret the relationship between the preventive trial and the trial on the merits in the way that the results of the first one may be influenced by the second one (so-called preclusion). In this study, the author analyzes some meeting point of this contamination (dismissal procedure and immediate charging), in which the pre trial detention power has been succesfully exercised by te public prosecutor. This leads on to consider the allowability of a control operated by the judge of the preliminary investigations since the moment the motion for temporary restraining order is submitted, in order not to permit complete discretion to the prosecutor, forced to use its powers according to self-responsability and to abandon a pre trial jurisdiction at “no cost”.
26-mag-2020
Il presente studio muove da una premessa: l’impiego della custodia cautelare in carcere rimane fenomeno massivo. Al 29.2.2020, circa 1 detenuto su 3 è ristretto in carcere a titolo cautelare. Il dato stupisce, se si volge la mente al biennio 1987-1988 e allo spirito che ha informato i lavori per il nuovo codice di procedura penale: abolizione del giudice istruttore, completa giurisdizionalizzazione del potere cautelare e migliore specificazione dei «casi e modi» di cui all’art. 13 Cost. parevano argini sufficientemente robusti, idoeni a contenere le spinte per un impiego della cautela strumentale ovvero su larga scala. Non poche soluzioni tecniche che, all’indomani del varo del c.d. codice Vassalli, sono state salutate come il più avanzato portato di decenni di riflessioni garantistiche, attuative della Costituzione, alla prova dei fatti hanno tuttavia manifestato un tasso di inadeguatezza imprevisto nel garantire l’obiettivo. Le rassicuranti perfezioni del primo codice repubblicano si rivelarono ben presto più sterili di quanto i primi commenti lasciassero presagire. La figura che, emblematicamente, condensava tanto le speranze riposte dai codificatori, quanto la loro conseguente frustrazione è quella del giudice per le indagini preliminari. Organo nato fragile, senza occhi né braccia, letteralmente caduto – certo, non fu il solo – sotto i colpi di una stagione reazionaria che impresse al sistema una torsione inquisitoria, restituendo agli operatori un modello sfigurato e mal funzionante. I continui, affannosi interventi di ortopedia legislativa hanno cristallizzato lo status quo. Da un lato, l’apparato normativo che presiede all’esercizio del potere cautelare è oltremodo complesso ma farraginoso; dall’altro, il gigantismo della pubblica accusa ha finito per schiacciare il giudice sul cui destino si sarebbe giocata la partita del nuovo codice. Il presente studio si prefigura di analizzare le scelte del codificatore in materia di libertà personale e di seguirne l’evoluzione sino all’attualità. L’ingigantimento delle forme della giurisdizione cautelare che ne è derivato era, nel 1988, del tutto imprevedibile. Esso ha concorso a determinare l’aumento sempre più ragguardevole del “peso” delle indagini preliminari, rispostando all’indietro il baricentro del processo. Verranno dunque approfonditi i rapporti che si instaurano, bon gré mal gré, tra lo sviluppo dell’odierno, complesso procedimento cautelare e quello di merito, al fine di scrutinare se le conclusioni raggiunte in tema di principio di c.d. preclusione siano esportabili a rime invertite: non più, cioè, soltanto dal procedimento di merito a quello cautelare, ma nel senso opposto. Lo studio si snoda dunque attraverso l’analisi di istituti (l’archiviazione c.d. cautelare e il giudizio immediato c.d. custodiale) che maggiormente recano le tracce dell’idea di un condizionamento cautelare sul processo di merito: la giurisdizione cautelare è divenuta così “pesante”, nelle forme e nei contenuti – addirittura da sostituire la pena, nell’immaginario collettivo e talvolta anche nelle applicazioni pratiche – che l’impostazione classica, secondo cui in nome di una pretesa autonomia dei giudizi gli effetti ivi prodotti non sono in grado di riverbersarsi sull’instaurazione del processo di merito, equivale ad attribuire sacche di incontrollata discrezionalità al pubblico ministero, laddove l’art. 112 Cost. non sembra viceversa lasciarvi spazio. In conclusione, l’analisi che segue si propone di coltivare una prospettiva di ricostruzione del potere dell’attore pubblico in chiave di autoresponsabilità, filtrata in un’ottica di azione cautelare non a “costo zero”, funzionale a una riduzione – anzitutto quantitativa – dei casi di ricorso alla massima restrizione della libertà personale ante iudicium. Lo strumento è individuato in un rafforzamento delle prerogative del giudice che, nel 1988, avrebbe più di ogni altro dovuto segnare lo stacco dall’epigono di tradizione inquisitoria.
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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11567/1007985
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